Donato Di Santo

Tra Italia e America Latina

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PRIME MISSIONI POLITICHE IN CILE

Giugno 1990, primo viaggio in Cile. Fu una delle missioni politiche più cariche di tensione ed emozioni: di fatto andavo a sancire la rottura definitiva con il PCCh, formalizzata da una lettera dell’allora Coordinatore della Segreteria nazionale del PCI, Massimo D’Alema.
Ma le emozioni iniziarono già durante il viaggio. Per la prima volta transvolavo la cordigliera delle Ande! Dopo tutte le foto viste, i racconti ascoltati, quello fu un momento struggente: passare su quelle cime, vedere la Aconcagua… Atterrato a Santiago, e pur a governo Aylwin già - da qualche mese - insediato, la militarizzazione era ancora impressionante. Ed impressionanti erano militari e carabineros: minacciosi e spavaldi sembravano volerti dire "questo è un incidente momentaneo. Finirà presto. E il nostro capo, Pinochet, riassumerà il pieno potere”. Per fortuna non andò così. Mi volli togliere subito uno sfizio: un po’ timoroso entrai in un negozio di musica e chiesi "l’ultimo disco degli Inti-Illimani”, e la commessa come se niente fosse, si voltò, prese la "cassetta” (allora si usavano), e me la porse… Il Cile stava proprio cambiando…
Ma la mia tensione non svaniva, del resto era proprio dalla solidarietà con il Cile, una notte di Natale del ’73 in Brianza, che era iniziato il mio impegno politico. Era l’8 giugno e, appena giunto in albergo, iniziai a chiamare i "contatti” che avevo: il primo numero suonava a vuoto, il secondo sempre occupato, il terzo rispose un bambino dicendo, frettoloso, che i genitori non erano in casa, il quarto suonava libero, …alla fine, sempre più teso e preoccupato ("non trovo nessuno: saranno tutti scappati? Sarà in corso un nuovo golpe?...), all’ultimo tentativo della lista, rispose il mio interlocutore e mi disse "ma perché chiami adesso, non dobbiamo vederci domani?”. Ed io, "certo, ma qui sta succedendo qualcosa, tranne te nessuno ha risposto al telefono, ci deve essere una emergenza…”. Lui sbottò a ridere e a fatica riescì a dirmi "ma quale emergenza? Qui stiamo tutti davanti ai televisori a guardare l’inaugurazione dei mondiali di calcio a Roma!”. Dopo questo bagno di sana realtà, e facendomi promettere che non avrebbe raccontato nulla agli altri, mestamente riattaccai e…accesi il televisore.
L’incontro, semi-clandestino, in una sede del PCCh fu solo con Jorge Insunza (Volodia Teitelboim, che aveva sostituito Luis Corvalan alla Segreteria, e che già avevo conosciuto a Roma, alle Frattocchie, non si fece vedere). C’era anche Antonio Leal, esiliato in Italia da giovane comunista e per lunghi anni Presidente dell’associazione Cile democratico, ma ormai Antonio, da poco rientrato in patria, era considerato un "infiltrato italiano” nel PPCh e, di li a poco, venne espulso (non dopo aver ricevuto le minacce da parte del FPMR, la struttura armata clandestina del PCCh),insieme ad altri due "italiani”, Luis "Lucho” Guastavino e a Sergio Vuscovich (che vent’anni prima era stato Sindaco comunista di Valparaiso). La riunione fu cordiale nel tono ma dura nella sostanza. Il punto di maggior tensione lo toccammo quando attaccai il loro doppio linguaggio e doppia morale: formalmente a favore della democrazia ma, nei fatti, appoggiando ed utilizzando il FPMR. E venendone utilizzati. Il mio interlocutore non fu da meno nei miei riguardi. Nei giorni successivi Lucho mi disse che, contro di loro, era in corso un vero e proprio processo stalinista interno al partito.
Incontrai anche esponenti dei partiti della Concertacion: sia socialisti che democristiani. Mi organizzarono una visita al carcere dove erano ancora rinchiusi circa 300 detenuti politici (in maggioranza del PCCh edel MIR) e, successivamente – e clandestinamente - mi fecero incontrare uno dei 43 prigionieri politici che erano riusciti ad evadere, mesi prima, scavando un tunnel sotterraneo.
In quei giorni cominciavano a venire alla luce le prime fosse comuni dove i militari golpisti avevano ammassato e sepolto i poveri corpi di decine di persone, prima selvaggiamente torturate e poi uccise. Le foto, terribili, erano sulle prime pagine dei giornali e mi impressionava vedere gruppi di persone che, attorno alle edicole, guardavano in silenzio e con gli occhi sbarrati quelle immagini … come se non fosse il loro paese, come se non lo sapessero e lo scoprissero in quel momento. Forse era proprio così…
In un viaggio successivo vengo accolto dall’Ambasciatore d’Italia, Emilio Barbarani che, prima ancora di iniziare a parlare, mi invita ad alloggiare presso la residenza ufficiale. Ne rimango sorpreso e, prendendo questo gesto di cortesia, come un riconoscimento di quanto fatto dalla forza politica che rappresentavo a favore del ritorno della democrazia in Cile, accetto. Successivamente, ad una colazione, inviterà Patricio Hales, di provenienza PCChe architetto della ristrutturazione dell’Ambasciata che per quasi 15 anni era rimasta vuota, dopo che - tra il ’73 e il ’75 - era stata la casa-rifugio di centinaia e centinaia di persone in fuga dalle violenze dei militari, tra le quali …lui! Barbarani conosceva Hales da quel periodo perché, giovane diplomatico, aveva vissuto tutta quella drammatica esperienza assieme all’Ambasciatore De Vergottini, contribuendo a salvare molte vite umane, il tutto è narrato nel suo libro "Chi ha ucciso Lumi Videla”, edito da Mursia. Vent’anni dopo era tornato in Cile …da Ambasciatore. Quella dell’Ambasciata di Santiago è stata una delle pagine più nobili della diplomazia italiana (come pure la vicenda argentina, che vide protagonista Enrico Calamai, ben descritta nel libro di quest’ultimo "Niente asilo politico. Diplomazia, diritti umani ed esaparecidos”, Feltrinelli).
Nello stesso anno 1991, a dicembre, nuovo viaggio in Cile, questa volta accompagnando la delegazione del PDS per la prima volta "invitato” ad un Consiglio della Internazionale socialista: ci sono Piero Fassino, Anna Serafini, Marisa Rodano e anche, per la minoranza interna, Giuseppe Chiarante. Venimmo ricevuti dal Presidente Patricio Aylwin, il primo presidente democratico dopo Pinochet, ed incontrammo il Presidente della Camera, José Antonio Viera-Gallo (fine politico socialista, che era stato lungamente in esilio in Italia) , i Segretari del PPD, Sergio Bitar, e del PS, Ricardo Nuñez, i dirigenti della DC, Lucho Guastavino e Antonio Leal.
In una di queste occasioni vado alla associazione di donne "La morada”, sede anche della Radio Tierra e, oltre alla brillante Pia Matta, conoscerò Claudia Barattini (esiliata con i genitori, Juan e Martha, in Umbria, e rientrata in Cile, con l’incoscienza esuberante della giovinezza, con Pinochet ancora in sella), con la quale si avvierà una profonda amicizia.
Molti i diplomatici italiani che ho avuto modo di conoscere, da Ruggero Corrias, agli Ambasciatori Michelangelo Pisani Massamormile, a Giovanni Ferrero, a Milo Barbarani. E fu Barbarani che, in occasione di un viaggio di Massimo D’Alema, ci accompagnò all’udienza con l’allora Presidente Eduardo Frei.

Altre iniziative

Nel 1998 D’Alema, allora Segretario DS, visitò il Cile,passando anche dall’Argentina. Dopo esserci recati, accompagnati dall’Ambasciatore d’Italia Milo Barbarani, a rendere omaggio alla tomba del Presidente Salvador Allende, facemmo una visita ad Isla Negra, alla casa-museo di Pablo Neruda. Venimmo ricevuti, a La Moneda, dal Presidente Eduardo Frei. Incontrammo tutti i partiti della Concertacion: dal DC Rafael Moreno, al socialista Ricardo Nuñez, al PPD Antonio Leal, al PRSD Anselmo Sule. Ci invitò anche a cena, a casa sua, Ricardo Lagos,che era precandidato presidenziale per la Concertacion.
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